Il Palazzo comunale di Modena e
le sue mille anime
VISTA PALAZZO COMUNALE
E TORRE DELL’OROLOGIO
Il bel porticato del Palazzo Comunale di Modena fa da cornice al lato nord – orientale di Piazza Grande. Realizzato rispettando il modulo originario adottato da Raffaele Rinaldi detto “il Menia” nel progetto seicentesco, fu completato nel 1825 con l’aggiunta di tre arcate alle cinque già esistenti sul lato destro.
Nelle sue forme attuali, l’edificio presenta una coerente unitarietà nata dal lavoro di uniformazione e compenetrazione di una serie di singoli edifici costruiti in epoche diverse come sede della Comunità e successivamente, a partire dal XVII secolo, ristrutturati e armonizzati allo scopo di organizzarli in un unico omogeneo complesso edilizio.
La torre dell’orologio
La Torre dell’Orologio sorge nel luogo ove pare esistesse l’antico torrazzo che fungeva da Arengario del Popolo e assume l’aspetto attuale fra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI secolo.
Nel 1508 venne eretta, su disegno di Bartolomeo Bonascia, la cupola ottagonale al vertice della torre e nel 1520 venne costruita la balaustrata che corona la mole quadrangolare.
I rilievi con i quattro venti e il fregio sopra al quadrante dell’orologio furono realizzati intorno alla metà del Cinquecento da Ambrogio Tagliapietre.
Il corridoio di accesso al Palazzo e la Sala della Torre Mozza
L’entrata principale del Palazzo Comunale di Modena si trova in Piazza Grande: qui, all’altezza della prima arcata del portico ad oriente, si apre il grande scalone rinascimentale di accesso che immette alla loggia, dalla quale si accede all’interno del palazzo, dove sono visitabili alcune sale del primo piano.
Attraverso un corridoio ornato da opere di pittori modenesi della seconda metà dell’Ottocento si accede, a destra di fianco all’ascensore, alla Sala della Torre Mozza, così chiamata perché è qui ancora visibile il muro di un’antica torre civica che testimonia le origini medievali del Palazzo Comunale di Modena.
Il camerino dei confirmati
In una saletta situata tra la cosiddetta Sala del Fuoco e la Sala del Vecchio Consiglio, si trova attualmente la celebre Secchia rapita, in origine conservata nella torre Ghirlandina.
Vile e supremo oggetto di contesa tra modenesi e bolognesi, la secchia, che si vuole rubata da un pozzo situato nel centro di Bologna, ispirò ad Alessandro Tassoni l’omonimo poema eroicomico.
Questa saletta fu decorata nel 1770 da Antonio Carbonari e Girolamo Vannulli (1704 – 1781) con quattro busti a chiaroscuro dei pittori Bartolomeo Schedoni, Ercole dell’Abate, Francesco Vellani e Francesco Vaccari posti tra illusorie scenografie.
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SALA DEL FUOCO