Découvrir la cathédrale de Modène : l'intérieur de la cathédrale
VUE INTÉRIEURE
CATHÉDRALE DE MODÈNE
Il Duomo di Modena è opera dell’architetto Lanfrancoqui a dirigé la construction en briques de la structure, en la revêtant à l'extérieur de pierres d'origines et de caractéristiques différentes.
En 1099, le grand chantier de la basilique à trois nefs, avec presbytère surélevé et crypte, conclu à l'est par trois absides, fut lancé.
Papa Lucio III consacrò la nuova cattedrale il 12 luglio 1184, l’aspetto attuale dell’interno è frutto però di interventi successivi: tra la fine del XII secolo e il 1322 furono infatti attive nel cantiere diverse generazioni di Maestri Campionesi, lapicidi provenienti dal lago Campione, al confine tra Lombardia e Svizzera, che apportarono notevoli modifiche alla struttura e est intervenu dans la décoration.
Anche le volte sono un’aggiunta posteriore, del 1470 circa, Lanfranco aveva invece progettato la copertura del soffitto a capriate.
Restaurations à la fin du 19e siècle, scegliendo di spogliare i mattoni dalle decorazioni parietali un tempo presenti, ricercano quell’effetto di estrema semplicità che, insieme al cambiamento brusco di colori e materiali tra esterno e interno, contribuisce a trasmettere un un profond sentiment de recueillement pour ceux qui entrent dans la cathédrale.
Determinante in questo senso è anche il ruolo dell’illuminazione, che quando le porte sono chiuse filtra soltanto dalle piccole finestre in alto e dalle vetrate del rosone, aperto dai Campionesi per mitigare l’originaria penombra.
L'histoire des nefs de la cathédrale de Modène
L'apparition de représentations de saint Géminien suit sa mort de près de sept siècles., anche se è storicamente provata una precoce diffusione del culto, tanto intenso anzi da riuscire a spostare il fulcro dell’abitato medievale allargandolo intorno alla sua sepoltura.
L’Altare delle Statuine
Michele da Firenze, 1440 – 41
l grandioso polittico a cinque scomparti in terracotta un tempo policroma collocato nella navata laterale sinistra presenta due registri principali con figure entro nicchie inquadrate da colonnine tortili, una predella con scene narrative, una zona figurata intermedia che funge da elemento di scansione orizzontale e un coronamento a frontoni triangolari, con figurette a tutto tondo alla sommità, alternate a pinnacoli.
La Madonna, titolare della cattedrale, è raffigurata al centro del registro principale nell’atto di sorreggere il Bambino, che si rivolge fiducioso verso i fedeli tenendo tra le mani un uccellino. La affiancano il patrono modenese San Geminiano, alla sua destra, e il tutore della Chiesa San Pietro, a sinistra; all’esterno sono collocati San Giovanni Battista e San Nicola di Bari.
Nella predella si susseguono, da sinistra a destra: il Battesimo nel Giordano, Gesù tra i Dottori, la Natività, l’Adorazione dei Magi e la Fuga in Egitto. In particolare, la Natività costituisce il punto di innesto di un ideale asse verticale che riassume visivamente le tappe fondamentali della parabola terrena del Figlio di Dio: alzando lo sguardo il fedele scorge infatti la Madonna con il Bambino, la Crocifissione, la Resurrezione e il Padre con il libro del Vecchio Testamento.
Ricordano invece i fondamenti sui quali si basa la Chiesa latina, i quattro Dottori raffigurati a mezzo busto sullo sfondo degli scanni di un coro ligneo e i quattro evangelisti seduti al loro scrittoio. Infine, pilastri della cristianità, gli Apostoli e alcuni Santi emergono dalle nicchie dei contrafforti, alla cui sommità sono collocati l’Arcangelo Gabriele e la Vergine Annunziata.
Il programma iconografico dell’opera, complesso e articolato, appare decisamente troppo ambizioso per una cappella privata come quella in cui oggi è collocato. Il polittico in effetti fu realizzato per l’altare maggiore della Cattedrale dal plasticatore fiorentino Michele da Firenze, formatosi nei primi anni del Quattrocento all’interno della bottega di Lorenzo Ghiberti a fianco di Donatello, ma dopo pochi decenni fu rimosso a causa dell’affermarsi di un gusto pienamente rinascimentale.
Chapelle Bellincini
Cristoforo da Lendinara, 1472 ca – 1476
La Cappella Bellincinisi trova nella navata destra del Duomo di Modena, all’altezza della prima campata. Si presenta come una “mostra” architettonica fortemente aggettante dalla parete della chiesa, composta di un altissimo fornice a tutto sesto, inquadrato fra due pilastri con alta base, scanalati e con capitelli corinzi che reggono un sottile architrave. Al di sopra di questo, la struttura della cappella è conclusa da una lunetta con arco a sesto ribassato.
Tutti gli elementi che definiscono l’architettura sono realizzati in cotto e presentano un uniforme colore rosso. La parete di fondo, i lati interni dei pilastri e il sottarco, i pennacchi e la lunetta sono interamente occupati da una decorazione ad affresco che appare strettamente legata alla composizione architettonica.
La lunetta è decorata da un affresco raffigurante la Natività, nella quale è del tutto scomparsa la figura della Madonna, mentre nello sfondo si intravede ancora la scena dell’Annuncio ai pastori. Al di sotto, i pennacchi dell’arco presentano a sinistra la figura dell’Angelo annunciante e a destra quella della Vergine annunciata. La faccia interna dei pilastri che reggono l’arco è decorata, a sinistra, dalle figure sovrapposte di una santa – forse Santa Caterina d’Alessandria – e di San Francesco; a destra, dalle immagini di un santo vescovo, identificabile con Sant’Agostino, e di San Sebastiano.
Il sottarco è occupato da otto immagini a mezzo busto di personaggi dell’Antico Testamento qualificati come Profeti e identificati da scritte.
La parete di fondo della cappella è occupata da un grande Giudizio Finale, suddiviso in tre fasce: in alto la figura di Cristo Giudice all’interno di una grande mandorla, con al suo fianco molte figure di santi e di personaggi dell’Antico Testamento; nella fascia mediana domina la figura di San Michele Arcangelo con a fianco due Angeli per parte; nella parte bassa vi sono due gruppi di risorti seminudi e un finto dossale marmoreo nel quale campeggiano le figure di San Girolamo, della Madonna con Bambino, di San Bernardino da Siena.
L’iconografia incentrata sul tema della Redenzione e dominata dal grande e minaccioso Giudizio Finale, corrisponde al carattere di cappella funeraria previsto dal testamento del committente Filippo Bellincini morto nel 1465.
Questi affreschi risentono fortemente dell’influsso di Piero della Francesca, chiamato a lavorare tra Ferrara e Rimini pochi anni prima. L’artista toscano esercitò infatti una forte suggestione su Cristoforo da Lendinara, al quale la decorazione della Cappella viene generalmente riferita e che apparteneva a una famiglia di abili intarsiatori lignei, autori per la cattedrale degli étals en bois encore visible aujourd'hui dans le chœur supérieur de la cathédrale.
Chaire
L’originaria struttura trecentesca del pulpito è in gran parte compromessa da interventi, soprattutto quattrocenteschi, che ne sostituirono completamente i rilievi.
Restano la firma e la data riferite alla prima realizzazione dell’opera: l’autore è Enrico da Campione che, una volta terminata l’edificazione della Ghirlandina nel 1319, realizzò il pulpito nel 1322.
All’esterno della scala del pulpito, in spazi trapezoidali, vi sono degli affreschi di inizio XV secolo che raffigurano due episodi della vita di sant’Ignazio vescovo di Antiochia.
All’altezza del terzo e del quarto montante, invece, sono visibili due frammenti di scultura altomedievale (IX secolo), probabilmente collocati qui nel Quattrocento: il primo presenta una decorazione a girali bisolcati con volute contrapposte riempite da foglie stilizzate; il secondo ha una decorazione a treccia formata da quattro nastri bisolcati.
Au cours de la campagne du XIXe siècle visant à découvrir et à restaurer les anciennes peintures murales de la cathédrale, une fresque est apparue sur la demi-colonne à côté de la chaire, représentant la Vierge à l'Enfant, attribuée à Tommaso da Modena.
Le undici statuine plasmate in terracotta (ma non si può escludere che quelle più recenti siano di gesso) occupano altrettante arcatelle cieche trilobate che corrono sui tre lati del pulpito. L’intera serie si presenta attualmente ricoperta da una spessa verniciatura bianca la quale, insieme alla penuria di attributi iconografici e alla completa assenza di iscrizioni, rendono faticosa la lettura e l’interpretazione delle figure.
L’affresco che si trova appena sotto il pulpito, eseguito sulla parete ricurva del pilastro, raffigura la Madonna del latte, frutto della ridipintura ottocentesca di una composizione gotica preesistente.
Retable de Saint Sébastien
Madonna col Bambino tra i santi Lorenzo e Rocco in gloria e i santi Giovanni Battista, Sebastiano e Giobbe Dosso Dossi, 1518 – 21
Le tableau a été commandé au peintre Dosso Dossi en 1518 par la Mensa Comune, qui réunissait les religieux de la cathédrale, pour leur autel dans la cathédrale, dans la quatrième chapelle à gauche, et y est resté jusqu'en 1914, date à laquelle le panneau a été déplacé à son emplacement actuel, sur le mur nord, au pied de l'escalier menant à la sacristie.
Sul dipinto gravano ancor oggi alcuni quesiti iconografici. Il santo raffigurato in alto a destra è stato identificato con san Giacomo Maggiore, cui per eccellenza appartengono gli attributi della conchiglia e del bastone da pellegrino, oppure con san Rocco.
Più problematica rimane invece l’identità della figura in primo piano a destra, per la quale la tradizionale identificazione con san Gerolamo trova conferma in quanto prescritto inizialmente dal contratto, ma viene di fatto smentita dalla notizia di un ripensamento della committenza che nel 1520 aveva deciso che fosse raffigurato Giobbe.
La tavola, una delle più alte realizzazioni di Dosso nell’ambito della produzione sacra, segna un momento di massimo equilibrio nel percorso del pittore tra i valori cromatici e luministici di ascendenza veneta, entro i quali si era compiuta la sua formazione, e le istanze plastiche di matrice centroitaliana. La sua pittura scioglie infatti l’evidenza plastica e la dilatazione anatomica dei torsi maschili in primo piano in una luce vibrante e instabile che sembra assimilarli a gigantesche fiamme contro un cielo impregnato di vapori atmosferici.
Lit d'enfant
Antonio Begarelli, 1527
Da sempre tra le opere più note e amate di Begarelli per la bellezza e la grazia raffaellesca della sacra rappresentazione, il Presepio, diversamente dagli altri gruppi dell’artista tutti in terracotta, non è mai stato trasferito dalla sede d’origine, pur avendo subito alcuni spostamenti interni.
L’opera fu commissionata dalla “Mensa Comune dei preti” che aveva eretto la cappella di San Sebastiano (1468), la quarta a sinistra della Cattedrale, ad Antonio Begarelli abilissimo plasticatore modenese, attivo tra il 1520 circa e il 1565 soprattutto per l’ordine benedettino, capace di sfruttare al meglio tutte le potenzialità dell’argilla locale.
Inizialmente venne collocata entro un’apposita nicchia, sotto la splendida panneau de Dosso Dossi (1522), commissionata dalla stessa “Mensa Comune”, quasi a rappresentarne una sorta di massiccia predella.
Nel 1899, durante la campagna di restauri del Duomo, per pareggiare il muro esterno da cui sporgeva la nicchia, il gruppo venne trasferito nell’opposta parete meridionale previo calco della grotta, tra l’altare della Madonna di Piazza e quello della Resurrezione. Ma appena quindici anni dopo fu nuovamente spostato per essere collocato al posto dell’altare della Resurrezione e restaurato con una nuova tinteggiatura di bianco e la ridoratura di alcune fregi, una finitura che comunque riprendeva quella originale.
Seguì un restauro del 1976 che, eliminando la tinta bianca, riportò alla luce i brani autografi del maestro e i successivi rifacimenti.
Presbytère
L’area sopraelevata, un tempo riservata al clero, è raggiungibile salendo due scalinate laterali. Il presbiterio è chiuso al centro da due ordini di colonnette, che impediscono di avvicinarsi al chœur en bois incrusté che occupa l’abside centrale, opera di Cristoforo e Lorenzo Canozi, detti da Lendinara (1461 – 1465).
Au-dessus de la pile, au centre, est suspendue, face à la nef, la crucifix en bois del XIII secolo, mentre sull’altare dell’abside sinistra si trova il polyptyque signé par Serafino di Serafini et daté de 1385.
Fixée sur le mur nord, à côté de la porte de la sacristie et à proximité des marches, la statue de Saint Géminien sauvant un enfant è stata scolpita nel 1442 circa da Agostino di Duccio.
Probabilmente insieme al dossale che orna il pulpito su Piazza grande questa statua costituiva l’altare dedicato al santo, opera dell’artista fiorentino, ma prima di trovare posto all’interno del Duomo, secondo fonti iconografiche, ha ornato a lungo una parete di un edificio un tempo addossato alla torre Ghirlandina.
PRESBITERION
Chœur en bois incrusté
Cristoforo e Lorenzo Canozi, detti da Lendinara, 1461 – 1465
Il coro ligneo occupa attualmente la parte terminale dell’abside principale del Duomo, della quale segue l’andamento curvilineo, dividendosi in due parti simmetriche ai lati di uno spazio vuoto corrispondente alla finestra centrale. È composto da trentaquattro stalli, venti nell’ordine superiore (destinato ai canonici) e quattordici più piccoli in quello inferiore (destinato ai mansionari).
La posizione e l’aspetto attuali del coro non corrispondono a quanto realizzato in origine: molteplici e non del tutto chiarite vicende hanno determinato uno sconvolgimento generale del suo assetto originario, penalizzandone la comprensione strutturale ed estetica.
Il coro maggiore del Duomo venne realizzato dai fratelli Cristoforo e Lorenzo Canozi da Lendinara, appartenenti ad un’abile famiglia di intarsiatori lignei, in sostituzione di un precedente coro di cui non si hanno notizie precise. Pregievoli e caratteristici dell’arte dei Lendinara sono soprattutto i pannelli con nature morte e vedute rappresentate secondo i canoni della prospettiva geometrica di Piero della Francesca.
Gli stalli capifila verso il centro dell’abside sono più elevati del resto del coro e presentano un coronamento composto da una cupoletta ornata da intagli e modellata internamente con scanalature. Nel campo interno dell’ordine superiore dello stallo è collocata una tarsia raffigurante un Dottore della Chiesa.
Nello stallo capofila dell’attuale parte sinistra del coro troviamo la figura di Sant’Agostino, presentato in abito vescovile, con la mano destra appoggiata a un libro in prospettiva.
Nonostante lo stato di conservazione mediocre del pannello, esso è importantissimo per la possibilità che offre di indiscutibili confronti sia con la Madonna col Bambino, firmata da Cristoforo e datata 1482 (Modena, Galerie Estense), et les fresques de la chapelle Bellincini.
A destra, San Girolamo è rappresentato nella consueta veste cardinalizia, intento alla lettura di un libro poggiato sul davanzale della finta finestra attraverso la quale la figura si presenta. Il laccio del fermaglio del libro che ricade al di qua del davanzale contribuisce ad aumentare il senso di profondità illusoria creato dall’intarsiatore, sottolineato anche dall’aureola.
Gran parte delle caratteristiche salienti dell’immagine è ottenuta attraverso una scelta sapiente delle essenze lignee e soprattutto del loro taglio, capaci di conferire volume e “colore” alla figura.